Giovedì 12 maggio 2022 – Teatro Sannazaro – ore 20.30
MARIA LIBERA CERCHIA E ANTONELLO CANNAVALE, piano duet

Franz Schubert: I capolavori per pianoforte a quattro mani

Franz Schubert (1797 – 1828)
Divertimento all’ungherese D.818 in sol minore op. 58

Otto Variazioni in la bemolle maggiore su un tema originale D.813 op. 35

Fantasia in fa minore D.940 op. 103

Note di sala
di Massimo Lo Iacono*

Nei primi decenni dell’Ottocento l’editoria musicale colma i salotti ed i leggii dei pianoforti con una ricchissima produzione di musiche pianistiche per due, tre, quattro esecutori: ovvero a quattro, sei, otto mani addirittura. C’è una spettacolare produzione di trascrizioni ed elaborazioni da musica sinfonica e da partiture operistiche soprattutto. Artigiani di sopraffino valore seppero realizzare con sapienza tutti dettagli necessari per fare rivivere le sinfonie e le opere nell’intimità domestica. E’ musica per divertirsi, per sognare, per rivivere tra le parteti di casa le grandi avventure del teatro d’opera. Le partiture per otto mani quasi sempre trasportano sulla tastiera del pianoforte – ma c’è pure un repertorio per chitarra, di cui la “Scarlatti” ha fatto gustare prelibati assaggi decenni fa – i sontuosi concertati, le danze. Memorabile una trascrizione del “Trionfo” dall’”Aida” di Verdi. Ma questo è un prodotto quasi tardivo. In queste partire spesso si intrecciano le mani degli esecutori, delle esecutrici e degli uni e delle altre: era un modo forse fortuito ma certo prezioso per corteggiamenti altrimenti difficili, stante la prudenza ed il bon ton dell’epoca. E’ musica estranea alla sala da concerto con tanto pubblico e solisti insigni, per realizzare questa musica spesso o quasi sempre gli esecutori ed il pubblico erano tutt’uno. Alla sala da concerto nel volgere del secolo saranno dedicate le fatiche di Thalberg e Liszt, pagine di tutt’altro genere, con virtuosismo trascendentale. Quello per le trascrizioni da salotto è più contenuto. E’ comunque musica “Biedermeier” contenta della dimensione affettiva privata pure se lanciata verso orizzonti fantasiosi, protesa ad un infinito forse, solo forse leopardiano. Una intuizione di questo genere si può ipotizzare invece in tanta produzione originale per pianoforte a quattro mani etc.. realizzata nei primi decenni del secolo, in Austria, nei territori di cultura tedesca, dove la musica puramente strumentale è molto curata e ricercata. In quest’ambito va collocata la produzione di Schubert per pianoforte a quattro mani, scritta per amore, per dilettarsi con gli amici, per esplorare nuove possibilità formali, ricordando che dai suoi esordi come compositore Schubert si cimenta con questo linguaggio e prosegue fino alla fine della sua breve e fecondissima vita. Schubert ha dedicato al pianoforte a quattro mani tanta musica molto bella, anche leggera e leggerissima Ma l’elaborazione senza soluzione di continuità del primo e del terzo lavoro in locandina dimostrano un impulso fantasioso e formale che vuole forgiare nuovi mondi. Ugualmente la ripresa di elementi del primo movimento nell’ultimo della Fantasia avvia forse una ricerca della forma ciclica destinata a buona fortuna nel volgere dei decenni. Queste ed altre partiture di Schubert guardano in avanti, a Liszt ovviamente, più di quanto guardino ai classici dei suoi tempi, Mozart e Beethoven. Il “Divertimento” D. 818 op. 56, del 1818 edito da Cappi-Diabelli nel 1822 a Vienna, si lega alla biografia del compositore perché presenta un tema che il musicista avrebbe ascoltato presso gli Hesterhazy, durante un soggiorno nei loro possedimenti in Ungheria, intonato da una domestica; un tema presente pure in altro lavoro del musicista. Ascoltiamo un andante rapsodico, una marcia trascinante, un articolato rondò con suggestivi piccoli episodi, ed una conclusione sognante. Forse uno sguardo volto ad un Infinito alla maniera del coevo, ma sconosciuto a Schubert, Leopardi. Le “Variazioni” D.813 op.35 del 1824, edite nel 1825 da Sauer-Leiderdorf sempre a Vienna, ricordate dall’autore con altre sue pagine in una lettera al fratello, sono piuttosto difficili, dedicate ad una pianista molto brava, di cui Schubert era innamorato forse, comunque non ricambiato, e sono quanto mai varie, con straordinaria trasfigurazione del tema base. Nella grandiosa Fantasia D.940 op. 103 del 1828, anno della morte dell’autore, cui si è già accennato, i movimenti fluiscono l’uno nell’altro, e si può azzardare che aliti nel lavoro lo spirito di un sottaciuto poema sinfonico non orchestrato, e si deve tenere conto di quali fossero i pianoforti d’epoca, ma la partizione chiara in movimenti serba memoria del genere sinfonico e della sonata: vera musica romantica che trascende i generi. Nel primo movimento ci sono spunti di musica ungherese, nel secondo della musica italiana che impazzava a Vienna allora, poco apprezzata o proprio non capita da Schubert come da Beethoven, tracce di Paganini, secondo concerto, o Rossini addirittura, e ci sarebbe sotteso un duetto tra soprano e basso, via facendosi più complessa ed ammaliante l’intera partitura tra impennate drammatiche e momenti teneri e dotti. Il lavoro, presentato con successo dall’autore e con un amico, è stato edito da Diabelli nel 1829 ancora a Vienna .

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