ANIELLO DESIDERIO, chitarra

 

Federico Moreno Torroba –Burgalesa – Suite castellana

Enrique Granados – Danza española Nr. 5

Joaquim Malats – Serenata española

Emilio Pujol -Tonadilla -Tango

Leo Brouwer – Rito de los Orishas;  Exordium Conjuro; Danza de las diosas negras

Johann Sebastian Bach – Chaconne from Partita II BWV 1004

Stephen Goss – Verismo

 

Note di sala

di *Salvatore Morra 

Ciò che è degno di nota è che, mentre la “Spagna” si trova ovunque nel Teatro dell’Opera, dal Don Giovanni di Mozart a Il Barbiere di Rossini, dal Fidelio di Beethoven al Don Carlo di Verdi e alla Carmen di Bizet, gli autori spagnoli non produssero una voce operistica negli stessi termini dei loro colleghi europei. In particolare, la zarzuela, che caratterizza implicitamente metà del repertorio chitarristico in programma, dal 1768 divenne rappresentativa del gusto popolare spagnolo, assorbendone la tradizione burlesque, la tonadilla scenica, la commedia barocca, canzoni popolari e danze. Federico Moreno Torroba (1891-1982)legò la sua fama soprattutto a questo genere; diresse il Teatro de la Zarzuela dal 1925 e il Teatro Calder dal 1930. La sua produzione da concerto per chitarra, dedicata all’amico Segovia, raramente si avventura nell’impressionismo o nella politonalità, come quella di De Falla, e non abbraccia il serialismo, come ha fatto Gerhard, ma rimane soprattutto intrisa di folclore nazionale. Burgalesa (1928) è un tributo lirico alla città di Burgos e alla vita castigliana, eseguito qui da Desiderio in una trascrizione in Mi maggiore di Abel Carlevaro, che sfocia a mo’ di introduzione nella Suite Castellana, ricca di armonici, pizzicati in danze ternarie come il Fandanguillo: gioioso ma nostalgico. Lo stesso vale per i “morceaux de salon”, che compaiono a Barcellona in seguito all’interesse per il repertorio storico alla fine del Diciannovesimo secolo. Le Danzas Españolas di Enrique Granados (1867-1916) mostrano un carattere raffinato, intrise della tradizione romantica di Liszt e Chopin, unita ad un elegante sapore spagnolo. Nella danza numero 5 Granados è romantico ed estasiante, con una linea flessibile della melodia, di innata semplicità, modesta struttura e senza ornamenti eccessivi. Di fattura decisamente più virtuosistica è la Serenata Española di Joaquim Malats (1872-1912),originariamente per pianoforte, ma immortalata nel Ventesimo secolo da Tarrega, Andrés Segovia e Julian Bream alla chitarra, un’opera gentile, di melodie suadenti è inscritta nella musica di ispirazione popolare lungo la lunga linea da Granados ad Albéniz. In la minore, si sviluppa attraverso un registro adatto alla chitarra, attirando l’attenzione sul movimento ritmico delle voci intermedie che insieme al timbro delle corde basse, producono un suono denso, pastoso e marcato. Nei primi decenni del 1900 la chitarra partecipò attivamente al processo rigenerativo della musica spagnola, proprio sulla spinta della zarzuela, e grazie all’entusiasmo di alcuni interpreti polarizzati attorno alla figura di Francisco Tárrega, segnando in modo decisivo il futuro dello strumento. Della generazione nata intorno al 1871, spiccano Miguel Llobet (1878-1938), Daniel Fortea (1878-1953), Emilio Pujol (1886-1980), e ancora Graciano Tarrago (1892-1973), Josefina Robledo (1892-1970), Andrés Segovia (1893-1987) e Regino Sainz de la Maza (1896-1981). Emilio Pujol in particolare, con Tres Piezas Espanõlas, qui Tonadilla e Tango, cristallizza l’idioma della chitarra moderna, la sua tavolozza timbrica e le possibilità polifoniche, tracciando il percorso da seguire ai compositori chitarristi della seconda metà del secolo. Dall’Europa migra nelle sue versioni, ma la chitarra rimane sempre ancorata ad una corrente folcloristica e nazionalista, a volte con pretese universali, intrappolata nell’agitata realtà politica e sociale di gran parte delle repubbliche latinoamericane dagli anni Trenta in poi. Con Leo Brouwer (1939), forse il compositore vivente più significativo per questo strumento, trasfigura le sei corde in qualcosa di assolutamente astratto rivelando la presenza di elementi del canto sacramentale africano e le sue proprie ritualità. Una delle isole più grandi dei Caraibi e antico dominio coloniale spagnolo, Cuba servì dal XVI al XIX secolo come meta di centinaia di migliaia di schiavi africani. ElRito de los Orishas (1993), composta nel suo secondo periodo (1968-1979), per il chitarrista uruguaiano Alvaro Pierri, presenta stili definitivi dell’avanguardia internazionale: gruppi cromatici, scontri tonali, effetti percussivi, ostinati nel registro inferiore, che ricreano l’intensità dello yoruba. Nel pantheon yoruba predominano gli orisha e i riti di iniziazione. Fin dai loro albori i culti africani degli orisha devono ad un certo sincretismo con il cattolicesimo e le religioni indigene una delle loro caratteristiche più importanti: il culto dei santi, in linea con le tradizioni cattoliche esistenti prima delle riforme del Vaticano II. Ed eccoci alla celeberrima Ciaccona che chiude la Partita II BWV 1004 in re minore per violino di Johann Sebastian Bach (1685-1750), danza di origine anch’essa spagnola o fors’anche latino-americana diffusa in Europa dalla fine del Diciassettesimo secolo. La Ciaccona bachiana da un tema di otto battute prosegue con un corale di trentadue variazioni, in un’entusiasmante progressione ritmica. È una delle pagine più universalmente esaltate della musica strumentale, ricca delle più ardite figurazioni del virtuosismo violinistico. Anche la versione per chitarra come le trascrizioni per pianoforte di Brahms e Busoni, ne danno un respiro possente e di grande tensione trascendentale. Verismo, una fantasia concertante di Stephen Goss (1964), compositore e chitarrista gallese, è dedicato a Desiderio. Il brano è plasmato dall’uso di citazioni e riferimenti stilistici di opere della giovane scuola italiana: Manon Lescaut (Puccini), Cavalleria Rusticana (Mascagni), La Bohème, Il Tabarro (Puccini), La Traviata e Rigoletto (Verdi) e, infine, Il barbiere di Siviglia (Rossini). A parte quest’ultimo, si tratta in effetti di un linguaggio operistico generato quindi dalla disgregazione del sistema dell’opera romantica italiana esposto agli attacchi del sinfonismo wagneriano. A suggerire l’associazione col verismo letterario furono immediatamente i contenuti dell’opera di Mascagni Cavalleria (1890), il mondo contadino o sottoproletario spesso meridionale, e quelli di Verga. Qui lo stile chitarristico coglie la prorompenza canora, una vocalità melodrammatica convenzionale forgiata in un continuo declamato fra il registro centrale e acuto della chitarra.

 

 

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