Giovedì 17 novembre 2022 – Teatro Acacia – ore 20.30
GIUSEPPE ALBANESE, pianoforte
ORCHESTRA FILARMONICA DEL FESTIVAL PIANISTICO DI BRESCIA E BERGAMO
PIER CARLO ORIZIO, direttore
Wolfgang Amadeus Mozart – Concerto per pianoforte e orchestra n. 18 in si bemolle maggiore
K. 456; Benjamin Britten – Young Apollo op. 16 per pianoforte, quartetto d’archi e orchestra d’archi; Wolfgang Amadeus Mozart – Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 in do maggiore K. 467

Note di sala
di Massimo Lo Iacono*

Il concerto K 456 di Mozart appartiene alla splendida serie di sei concerti scritti in rapida successione dal musicista a Vienna nel 1784 al culmine del suo successo nella capitale degli Asburgo. Il concerto era stato inizialmente scritto per l’insigne e poliedrica musicista cieca, anche pianista provetta, M.lle Paradies. Il brillantissimo movimento iniziale offre molti spunti di godimento e riflessione per la varietà di formule usate dal musicista, non tralasciando l’opera, la quasi citazione da Haydn, lo “Sturm und Drang”, il tutto condito con gran virtuosismo giocoso, che mandò in visibilio il pubblico della “prima”, imperatore compreso. E’ evidente che qui e nel movimento conclusivo il virtuosismo è sfoggio di abilità sorridente. Nell’Allegro vivace iniziale è chiaro che l’autore dispiega le tante trovate del suo effervescente ingegno in una costruzione d’impianto sonatistico, ed invece nel finale nell’atteso rondò. Decenni dopo, Rossini in testa forse, saranno i compositori d’opera italiani a concludere le loro partiture con pirotecnici rondò. Al certo del concerto ascoltiamo un variegato ciclo di variazioni, con citazione, più o meno chiara da Haydn, colmo di escursioni timbriche ed armoniche di singolare suggestione.
“Young Apollo” op.16 (1939) di Britten (1913) è un piacevole lavoro del musicista giovane anagraficamente ma già agguerrito ed elegante compositore di musica da camera, con notevoli esiti da tempo apprezzati. Tuttavia la movimentata e disinvolta parte pianistica ne fa un lavoro apparentemente giovanile per la sua freschezza e dinamismo. Britten era un pianista provetto, sapiente partner in concerti di Lieder del tenore Peter Pears e non solo, ed era in America tra Canada e, poi, U.S.A. proprio con Pears, quando compose questo lavoro molto applaudito. Si qui vede l’ottimo apprendistato pianistico come pure quello nella composizione da camera, che si gusta nella scrittura finente concertante dell’insieme. Nulla di Apollineo, nel senso dell’”Apollon Musagete” di Strawinsky è in questa composizione.
E’ancora noto, forse ancora un poco celebre, però alla fine del anni Sessanta del passato secolo fu addirittura celeberrimo, il movimento lento del concerto K 467 di Mozart: colonna sonora di un elegante e struggente film svedese d’amore, realizzato (regia di Bo Widerberger, 1967) su accurate basi documentarie, in cui era protagonista la circense Elvira Madigan. Il cui nome dava il titolo al film. Pellicola molto amata da chi allora comunque riusciva a sognare senza rabbia. E’ un Andante in cui tacciono trombe e timpani, sullo sfondo spiccano i legni nel dialogo estatico e cullante, e divagante magari, tra il pianoforte e gli archi. Per realizzarlo bene ci viole un prodigioso legato. La melodia famosa, non la sola idea tematica del pezzo, è di immediata presa sull’ascoltatore, che la segue incantato nel volgere di un brano (forse) in forma sonata, (forse) un Notturno, (forse) un Lied secondo diversi esegeti alle prese con la comprensibile, ma impropria, urgenza di classificare il movimento tutto. E’ musica tenera con aperture timbriche ed armoniche occasionali alla Romantik più che incipiente, ma nelle ultime note c’è una strizzata d’occhio arguta del compositore uomo di sentimento ma non fino in fondo…. Il tema protagonista dell’Andante fu forse tenuto presente da Beethoven in una dele sue romanze per violino e orchestra. La pagina nonostante tutto il lirismo che la distingue sembra (fondatamente) non abbia affinità con la produzione operistica di Mozart, allora vicino alla realizzazione delle “Nozze di Figaro” K 492, e reduce dalla realizzazione del “Ratto dal serraglio” K 384. Invece nei tempi brillanti e veloci che incorniciano l’Andante la percezione della musica operistica di Mozart è piuttosto agevole. “Don Giovanni”, K 527 e quindi di là da venire, affiora nel grandioso primo movimento, nel terzo, approssimativamente un rondò di rara compattezza e scorrevolezza, la conversazione tra tutti gli strumenti sintetizza un chiacchiericcio da opera buffa, estraendone la quint’essenza. Il grandioso movimento iniziale, vero tripudio luminoso del do maggiore, tonalità d’impianto del concerto, ha un vero respiro sinfonico anche nella lunghezza della parte propriamente introduttiva, si apparenta, con il senno di poi, alla sinfonia K 551 (“Jupiter”), presenta singolare abbondanza di idee, temi, pure contati da qualche puntualissimo esegeta, sceso nei dettagli a differenza di colleghi che del concerto K 467 hanno offerto pregnanti visioni d’insieme. Qualche pianista insigne si è cimentato con la realizzazione di cadenze proprie. K 466, 467 482 sono il culmine della produzione pianistica di Mozart, scritti nel 1785, con il codicillo del K 488 dell’anno successivo. Gli altri concerti di Mozart possono essere considerati postfazioni avvincenti. Sia il concerto K456 sia questo furono presentati da Mozart personalmente in una Accademia (=concerto pubblico con sottoscrizione) con ottimo esito. Ovviamente.

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