Giovedì 18 maggio 2023 – Teatro Sannazaro – ore 20.30
QUARTETTO KUSS

Igor Stravinskij – Concertino per quartetto d’archi n.7; Komitas Vardapet – Roter Schal, Wolken, Festtagslied; Hanna Leonova – Miniatura per il Quartetto Kuss; Pëtr Il’ič Čajkovskij – Adattamenti dall'”Album per i giovani”; Igor Stravinskij -Tre pezzi per quartetto d’archi n. 2; Pëtr Il’ič Čajkovskij – Andante cantabile dal Quartetto n.1 op.11; Sulchan Zinzadse – Tre miniature georgiane; Ludwig van Beethoven – Quartetto per archi in mi minore, op. 59 n. 2 “Rasumowsky”

Note di sala*
Radici comuni d’Europa: il viaggio del Kuss Quartet
È a Soghomon Soghomonian detto Vardapet (Padre) Komitas (1869-1935) che si deve la più grande raccolta di canti sacri della tradizione armena, un lavoro straordinario che il prete armeno compì, dopo studi musicali berlinesi, con assidua tenacia, subendo sulla sua persona – poi – le conseguenze del genocidio operato dai turchi sul suo popolo. Sprofondato nella più cupa depressione – a causa dell’arresto e della deportazione subite – fino alla follia, assistette anche – impotente – alla parziale distruzione del suo lavoro di ricerca etnomusicologica.
È con tre brani di Komitas che si apre questo originalissimo percorso che il Kuss Quartet compie stasera per noi, cercando di unire con la musica ciò che oggi la guerra ha diviso e divide, mostrando quanto assurdo sia contrapporre popoli che hanno matrici comuni, radici culturali intrecciate.
Ha così dichiarato Oliver Wille, violinista del Quartetto Kuss: «Il nostro violoncellista viene dall’Armenia, ci ha fatto conoscere le tradizioni musicali del suo paese, piene di bellezza e anche di dolore. Abbiamo trovato anche tre meravigliosi e caratteristici pezzi della Georgia. Così il nostro programma si è trasformato in un viaggio verso est. Ci sentiamo privilegiati di includere un nuovo pezzo scritto per noi da una giovane compositrice ucraina. Siamo riusciti a darle una borsa di studio per venire a vivere in Germania. La sua città natale in Ucraina è stata completamente distrutta dalle bombe. Nella seconda parte del concerto presentiamo uno dei capolavori di Beethoven, il secondo Quartetto “Rasumowsky” con il suo tema popolare russo nel terzo movimento».
Anche Pëtr Il’ič Čajkovskij ha inserito nell’Album di composizioni pianistiche per la gioventù un gran numero di brani della tradizione popolare del suo paese. Il Kuss esegue degli adattamenti per quartetto d’archi di questi piccoli pezzi. Se nella danza Kamarinskaja nelle crome discendenti staccate iniziali si potrebbe quasi intuire il suono della balalaika – accompagnato dal ronzare del basso della fisarmonica e dal battere di mani e piedi della gente che danza – la Canzonetta francese si rifà piuttosto all’atmosfera d’infanzia di Čajkovskij, in cui l’“elemento francese” aveva un ruolo molto importante (i riferimenti sono la mamma che aveva radici francofone, nata Assier, e la sua governante Fanny Durbach). Babayaga evoca l’immagine di una strega: a questo si riferiscono le dissonanze aspre e gli accenti posti sugli accordi, che sembrano quasi tratteggiarne la figura e la voce. La giovane compositrice ucraina Anna Leonova possiede uno stile eclettico, in cui l’aspetto melodico-espressivo rimane sempre al centro della scena. Anna Leonova ha dedicato al Kuss Quartet il recentissimo brano che verrà eseguito questa sera.
Il compositore georgiano Sulchan Zindadse (1925-1991) ha dedicato ampio spazio, nella sua produzione, alla forma-quartetto. Nello stesso tempo è costante, nella sua musica, l’utilizzo di temi e melodie del folklore georgiano, rivisto, rielaborato attraverso i prismi di uno stile musicale che deve molto a Shostakovic e Shebalin.
Tommaso Rossi

Musica a “quattro parti” : evoluzioni russe

Dopo Le Sacre du Printemps (1913), evocazione della Russia pagana e pietra importante della storia della musica del Ventesimo secolo, Igor Stravinskij (1882 – 1971), nel suo periodo “fauve”, torna a comporre per strumenti solisti e per gruppi da camera. I Tre Pezzi per quartetto d’archi (1914) aprono il concerto in modo sperimentale, all’apparenza folkloristico ma multiforme e prettamente timbrico. Il ritmo dei blocchi sonori e la forza politonale dell’armonia di Stravinskij dissacrano violentemente la musica strumentale “a quattro parti”. In Danse gli strumenti emettono suoni su tutta la lunghezza dell’arco, al tallone, pizzicati striduli al ponticello, in modo percussivo e ognuno con proprie figurazioni melodiche e ritmiche ripetute. Lo fanno senza sviluppo, in modo assestante e senza nessun scambio tra le parti. Excentrique (stravagante), è spiccatamente espressionista. Vortici di cromatismi su continui spostamenti di accento si sovrappongono in sequenze di ostinati omoritmici. È il registro sonoro, fuso ed omogeneo, che guida i frammenti dei recitativi strumentali. Cantique (Cantico), suonato in pianissimo, conclude con altrettante sequenze poliritmiche e nessun dialogo polifonico tra le parti. Anche il più tardo Concertino per quartetto d’archi del 1920, e sulla scia della scuola Viennese, dissacra gli schematismi della forma sonata tradizionale su cui era ancorato il quartetto classico da Haydn a Beethoven. Questo Concertino è un pezzo breve in un unico movimento, vagamente di Allegro di sonata, con un preponderante ruolo solistico del primo violino che insieme agli altri archi è trattato in maniera graffiante, marcatamente ritmico, con glissati su tutto l’archetto, ed effetti timbrici taglienti. La parte centrale, un Andante, sfocia in una cadenza del primo violino su doppie corde, poi la ripresa – decisamente più dialettica fino alla climax di accordi ribattuti – che conclude con “calmo e grave senza crescere fino alla fine”.
Calato in un mondo musicale decisamente diverso, Il secondo movimento, Andante cantabile in si bemolle maggiore (1871) – dal Quartetto in Re maggiore op. 11 – è diventato, sotto la veste di svariate trascrizioni, uno dei brani più popolari di Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893). L’adozione di una melodia popolare russa «Vania siede sul divano e fuma una pipa», raccolta dall’autore a Kamenka, è proposta in continue trasformazioni tra passaggi lenti a più agitati e di intensa, commovente malinconia. Morbidezze timbriche accompagnano i dolci crescendo tra le parti in cui il primo violino suona la melodia sottovoce accompagnato con arpeggi dal secondo violino e pizzicati al violoncello. Il brano si inscrive all’interesse verso le musiche popolari che nasce contemporaneamente con la corrente romantica dei nazionalismi musicali. Per creare culturalmente una nazione si sviluppò l’idea, prima promossa da Johann Gottfried von Herder (1744-1803), che il suo spirito autentico fosse espresso attraverso materiale dal folclore: melodie, storie ecc. Periodo questo in cui il folclore musicale era già documentato sul campo con trascrizioni e pubblicazioni.
Raccogliendo l’eredità di Mozart e Haydn, Beethoven affidò al quartetto d’archi le sue più ardite espressioni tra linguaggio armonico e timbrico schiudendo nuove prospettive. Quando nel 1808 il conte Andreas Razumovsky chiese a Schuppanzigh di formare un quartetto da stipendiare come sua “Kapelle”, esso divenne anche il quartetto “personale” di Ludwig van Beethoven, il suo Leibquartett. Periodo questo per Beethoven, in cui tuttavia, tra la Sinfonia Eroica op. 55 e la Quarta op. 60, i quartetti dell’op. 59 assumono l’aspetto di quartetti “sinfonizzati”, seppur non propriamente sperimentali, di portata al di là dell’esperienza e della comprensione dei suoi contemporanei.
il Quartetto in mi minore n. 8, il secondo dell’op. 59 (1804-1806) lotta ripetutamente con il pathos durante i suoi movimenti rapidi e compressi, intersecando nel mezzo un forte contrasto di serenità ma piuttosto cupa. Ciò è reso più direttamente dal Finale, da una spinta ritmica ossessiva, da sonorità costanti in modo minore, e continue ripetizioni del materiale melodico centrale. Questo finale risponde in modo adeguato alla sequenza dei precedenti movimenti: il nervoso Allegro di apertura, il mistico Adagio e l’Allegretto che inizia in modo così semplice, innocuo e poi vira verso complesse armonie. In retrospettiva, è chiaro che i movimenti centrali sono mantenuti molto livellati da Beethoven, in termini di armonia e ritmo, come se fosse una necessaria strategia per smussare la complessità del primo tempo. Tutti e quattro i movimenti rimangono nella tonalità di Mi (minore e maggiore), anche l’adagio, come gli altri sottolinea l’unità dell’effetto. Questa coerenza dell’esperienza ciclica tonale e pressocché totale era chiaramente uno degli obiettivi di Beethoven, qui raggiunto in modo più efficace che nella maggior parte delle altre composizioni del periodo.
Beethoven espone le frasi e gestisce il flusso in modo sottile nel primo movimento Allegro, ma non lascia che il materiale si unisca molto oltre i frammenti melodici di due battute. Questa qualità dipinge l’umorismo essenziale della composizione, che risulta un insieme di tensione e ipersensibilità. Il pezzo è più brusco che violento, più teso che arrabbiato, sensibile piuttosto che realmente sofferente. Per quanto riguarda le ultime battute del primo movimento, portano il motivo della triade spezzata non nel suo abituale pianissimo acuto, ma per la prima volta in fortissimo. Beethoven amava reinterpretare con fortissimi i temi “tranquilli”. Joseph Kerman (1979) racconta che gli venne in mente, l’Adagio in Mi maggiore, “contemplando il cielo stellato e pensando alla musica delle sfere”, scriveva Carl Czerny, che conosceva bene Beethoven. Nel modo più diretto possibile, l’Adagio trascende le tensioni del movimento iniziale con un’estasi di contemplazione silenziosa e senza tempo. Verso la conclusione si allontana cautamente da questa visione, con un movimento di Allegretto in mi minore di studiata semplicità, con una melodia delicata e quasi patetica costruita su di un unico ritmo.

Salvatore Morra

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