Nuovi mondi: Robert Schumann e E. T. A. Hoffmann

Robert Schumann (1810 – 1856)
Phantasiestücke op. 12
Nachtstücke op. 23
* * *
Kreisleriana op. 16

 

Note di sala
di Costantino Catena*

“Letto Hoffmann, ininterrottamente. Nuovi mondi. Le miniere di Falun. Testo per un’opera che mi ha molto entusiasmato.”
R. Schumann, 6 giugno 1831

“Completati Kreisleriana in quattro giorni – mondi completamente nuovi mi si sono aperti.”
R. Schumann, 3 maggio 1838

L’inscindibile relazione tra musica e letteratura che caratterizzò il percorso artistico di Schumann è strettamente legata a E. T. A. Hoffmann, di cui quest’anno ricorrono i 200 anni dalla morte. Entrambi ebbero piena e precisa consapevolezza della fine di un’epoca, quella delle grandi forme beethoveniane e goethiane, ed ambedue aderirono in toto alle nuove “regole” del movimento romantico, così come formulate da Friedrich Schlegel. Nel teorizzare il romanzo, Schlegel ne delinea l’essenza come fusione dei diversi generi poetici: dramma, commedia e lirica si mescolano incrociandosi, attraversandosi e, talvolta, concatenandosi, esulando così dai canoni della classicità. Oggetto della poesia non è più l’universale statico, ma l’universale “progressivo”, un universale in divenire in cui compare anche il “Witz”, ossia la riflessione ironica, ed in cui la narrazione, ormai aperta e non più chiusa, si arricchisce di arguzia e umorismo. Nella visione schlegeliana il romanzo coincide con la poesia stessa, e prima ancora coincide con la vita del poeta.
Quello dei primi romantici quindi si differenzia dal Bildungsroman non solo per la diversità dei temi trattati, ma per la sua intima struttura: è il romanzo della digressione e del tempo destrutturato, elementi costantemente presenti nelle opere di Hoffmann, insieme alle novità delle categorie del fantastico, del grottesco, del fiabesco, del doppio (che tanta importanza avrà per Schumann, con i suoi Florestano ed Eusebio). I suoi racconti, fonte d’ispirazione per tanti scrittori e musicisti successivi (ricordiamo per tutti Čiajkovskij con Lo Schiaccianoci e Offenbach con Les contes d’Hoffmann), sono pervasi di sogno e di magia, hanno spesso come oggetto patologie mentali, mondi assurdi e fantastici, sempre trattati con lucida ironia. L’inconscio, l’inquietante, ciò che turba l’ambiente familiare è presente al punto che Freud scrisse il suo famoso saggio Il perturbante prendendo come modello proprio il racconto di Hoffmann L’uomo della sabbia.
Furono questi i “nuovi mondi” che si aprirono a Schumann negli anni ‘30 grazie alla lettura di Hoffmann: in nessun compositore a lui contemporaneo si trovano così tanto Witz, Humor, così tanta destrutturazione della forma. Un linguaggio musicale nuovo, teso a perturbare, a evitare l’ovvio e il prevedibile, lacerato e straniante, che annulla l’unità del discorso. Attraverso l’uso di procedimenti compositivi come la defamiliarizzazione, il displacement, le parabasi e la frammentazione del discorso Schumann costruisce una musica dell’inconscio, fluida, che trasmette intatta la Sehnsucht e le inquietudini proprie del romanticismo e che lo fanno apparire un compositore d’avanguardia, quasi novecentesco. «Schumann ha una tecnica di frantumazione del materiale che io trovo straordinaria: del materiale armonico e anche melodico. […] Schumann procede per frammenti che si incastrano uno dopo l’altro. […] Ci sono dei frammenti armonici, ritmici o melodici che vengono completamente frantumati da altri frammenti. C’è il frammento che frammenta se stesso.» (Luigi Nono). La creazione di nuove forme avviene dal basso, dal frammento, ed è anche per questo che nonostante la qualità sempre altissima dell’ispirazione, la grande bellezza delle linee melodiche, le ardite innovazioni armoniche, talvolta ci si lamenta delle difficoltà di comprensione, soprattutto se ci si ostina a cercare una forma classica in quella che è musica consapevolmente destrutturata. Dopo il 1840, complici il matrimonio con Clara, l’intenzione di ottenere finalmente la benevolenza del padre e la volontà di inserirsi in un mercato più borghese che potesse finalmente accettare il suo genio, Schumann tornerà a “disciplinare” la sua arte con forme classicizzanti.
L’identificazione di Schumann con Hoffmann (e con il suo personaggio principale, Kreisler, a sua volta una proiezione di Hoffmann) dovette essere così forte da fargli intitolare alcune delle sue più importanti raccolte pianistiche con gli stessi esatti titoli dei racconti hoffmanniani: Fantasiestücke op. 12 (dai Fantasiestücke in Callots Manier), Nachtstücke op. 23 e Kreisleriana op. 16 (dalle raccolte hoffmanniane omonime). Anche il Carnaval op. 9 secondo molti studiosi troverebbe diretta ispirazione nel racconto di Hoffmann La principessa Brambilla, ambientato in un carnevale romano.
I Pezzi Fantastici op. 12 (1837) sono il regno della fantasia, in cui si alternano immagini vivide e sogni confusi, passando per chimere, fiabe e domande senza risposta. Nonostante ogni brano porti un titolo (cosa che nella produzione schumanniana avviene solo in questa raccolta e nelle Kinderszenen op. 15), l’intenzione di Schumann non è mai programmatica o illustrativa: non si tratta di una relazione indiretta tramite l’immagine, ma di un rapporto diretto con l’idea intrinsecamente musicale, il Geist (spirito) del brano. Il titolo intende solo stimolare l’immaginazione, in modo che l’oggettivo e il soggettivo possano fondersi tra loro in modo creativo e fantasioso. Secondo Carlo Zecchi essi hanno un’origine autobiografica e rappresentano una breve e giovanile storia d’amore che inizia al crepuscolo (Des Abends), con slanci passionali (Aufschwung) e dubbi (Warum?), utopie (Grillen) e abbandoni notturni (In der Nacht). Un idillio con note fantastiche (Fabel) e sogni inquieti (Traumeswirren) che si conclude con una riflessione sull’esperienza vissuta, contemplandola ormai in modo distaccato (Ende vom Lied).
Liszt diceva che nei Pezzi Notturni op. 23 (1839) «si vedono più occhi di civetta che stelle». Essi furono composti in un periodo di ossessioni macabre, nei giorni della morte dell’amato fratello Eduard e con Clara che gli scriveva di rimandare il matrimonio in attesa che la situazione finanziaria migliorasse. Inizialmente erano presenti dei titoli (Corteo funebre, Strana compagnia, Feste notturne, Ronda), poi soppressi nell’edizione definitiva. L’omonima raccolta di Hoffmann consiste di otto racconti tragici, in cui predominano psicosi autodistruttive e perdita della ragione. In ognuna delle due metà i primi tre racconti sono pieni di storie maledette, compulsioni, incubi, mentre nell’ultimo si respira un po’ di luce; analogamente, solo nell’ultimo brano Schumann ci concede qualche sprazzo di serenità e di umanità, mentre i primi tre sono ossessivi e claustrofobici.
La raccolta più hoffmanniana di tutte è quella che comprende le otto fantasie dei Kreisleriana op. 16 (1838), che richiama espressamente l’immaginario direttore d’orchestra Johannes Kreisler, presente nei Kreisleriana e nelle Considerazioni filosofiche del Gatto Murr. Come scrive Claudio Magris, egli è sublime e demoniaco insieme: quasi vittima della musica, che invece di appagare il desiderio lo desta continuamente, lacerando l’animo. L’identificazione di Schumann con Kreisler è totale; egli rappresenta l’artista autentico, non quello che accontenta il mondo borghese, ma il vero creativo: il musicista ironico, tendenzialmente isolato e non in armonia con il mondo, dal carattere instabile e predisposto alla follia, l’esatto contrario del musicista di successo acclamato dalle folle e dalla borghesia. Nei Kreisleriana sono presenti tutti i procedimenti “stranianti” citati sopra, facendone il lavoro più emblematico dello Schumann del decennio pianistico. Gli episodi non hanno una precisa sequenza temporale, né logica: come nel Gatto Murr le storie si intrecciano, si alternano, non c’è un principio né una fine, è un’opera aperta. Nell’ottava fantasia un ossessivo basso ostinato, ma che varia continuamente la sua posizione trasmettendoci profonda inquietudine, fa sfumare questo brano visionario e allucinato dissolvendosi nel nulla.

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