RICHARD GALLIANO, fisarmonica

Passion Galliano

Note di sala
di Simona Frasca*

La musica che ci accingiamo ad ascoltare questa sera sarà il nostro interruttore in grado di riattivare identità e origini culturali. Sfogliando l’album fotografico della famiglia Galliano scorgiamo un ritratto di Richard che all’età di 8 anni imbraccia il suo panciuto strumento accanto al padre, insegnante di fisarmonica, pronto ad accompagnare una piccola orchestra moderna. Uno scatto, un destino. Richard partecipa ai campionati di fisarmonica, vincendoli tutti, esegue svariati concerti e interpreta trascrizioni di pagine di autori celebri, cominciando ad intuire un modo diverso di suonare il suo strumento che fino agli anni Sessanta in Francia vantava un repertorio quasi esclusivamente popolare. Si trasferisce a Parigi e diventa fondamentale l’incontro con i fisarmonicisti Joss Baselli e André Astier, come anche con i cantanti Claude Nougaro, Serge Reggiani e Barbara e i jazzisti Chet Baker, Charlie Haden, Ron Carter e Michel Portal. Nell’ambito dell’organologia moderna la fisarmonica è uno strumento tra i più diffusi nel folklore euro-americano; ha trovato una collocazione di rilievo nei contesti contadini tanto da costituire una presenza costante nel progressivo svolgersi della storia della musica popolare. Come è stato giustamente osservato, la fisarmonica è stata a lungo l’emblema del “dopolavoro” dando vita ad una sorta di hausmusik trasferita sul piano della collettività. Nell’immaginario comune fino a qualche decennio fa la fisarmonica si fissava nel clima gaudente e disteso del tempo libero delle osterie in Baviera così come delle feste popolari in Italia. Anche quando compositori colti come Umberto Giordano, Alban Berg o Paul Hindemith inclusero lo strumento nell’organico delle loro opere l’intento fu di sfruttarne i facili effetti di caratterizzazione. Attraverso la fisarmonica la tradizione musicale europea popolare è giunta nel corso dell’800 in Argentina, lì nella variante del bandoneon (un tipo particolare di fisarmonica a doppia bottoniera), la nostalgia della musica degli immigrati europei è confluita nella storia intricata di danze più antiche come la habanera e la milonga, facendo ritorno in Europa nel corso del ‘900 sotto la veste struggente e polimorfa del tango argentino. Gli elementi costitutivi della fisarmonica latino-americana si individuano attraverso i contributi che le derivano da influenze italiane, tedesche, francesi e spagnole trapiantate nel bacino del Rio de la Plata. Il grande mediatore tra tango argentino e tradizione europea fu senza dubbio Astor Piazzolla, tra i principali compositori latino-americani ad aver posto l’accento sulla complessa stratificazione linguistica che si sente pulsare nella storia del tango argentino e del bandoneon. Come lui stesso amava dire: “La mia musica è per il 10% tango puro e per il 90% musica classica contemporanea”. Nella veste piazzolliana il tango argentino ed il bandoneon giungono in Europa rinnovando lo strumento e costituendo un più che valido punto di partenza per molti autori impegnati nella ricerca delle loro origini musicali e nella definizione di un proprio specifico linguaggio. Da questo punto di vista Richard Galliano si presenta come un post-piazzolliano. “Il mio amico Pierre Barouh – ricorda lo stesso Galliano nel profilo biografico redatto in occasione del Passion Galliano tour – ha scritto un bellissimo testo intitolato “L’Allégresse” su una delle mie composizioni “Il Piccolo Circo”, e mi diceva all’epoca: “È incredibile vedere il numero di paesi che hanno fatto della fisarmonica il loro strumento nazionale». In effetti la maneggevolezza dello strumento unito alla varietà di colori che lo rendono un ottimo sostituto del pianoforte hanno reso la presenza della fisarmonica fuori dall’Europa occidentale più che significativa, basti pensare ai repertori in Brasile, Argentina, Colombia, Cina, Russia, Ucraina e nei Balcani. Il fisarmonicista francese ha esperito molteplici combinazioni  di stile e di organico, da solo o in ensemble, e ha costruito un linguaggio moderno e “francese” del bandoneon/fisarmonica, non più strettamente popolare né esclusivamente debitore della tradizione argentino-piazzolliana. Un ricordo su tutti: nel 1979 a Bonson sulle Alpi Marittime in un prezioso 45 giri Galliano consegna una delle composizioni a lui più care “Tre immagini per fisarmonica” avviando la sua missione di trasformare il “pianoforte dei poveri” in uno “Steinway con le cinghie”.

La carriera formidabile che ne scaturì, l’attività lunga decenni, costellata di memorabili collaborazione e testimoniata dalle circa settanta incisioni discografiche gli hanno confermato che la strada intrapresa era quella giusta. Galliano è un instancabile sperimentatore, suona la fisarmonica, il bandoneon, il piano acustico, il sintetizzatore e all’occorrenza il trombone. Attivo dal 1970, da quando cioè decise di lasciare la sua città natale Cannes per dedicarsi alla musica da professionista, negli anni ha raccolto collaborazioni discografiche e concertistiche di ogni tipo Juliette Greco, Joe Zawinul, Palle Danielsson, Martial Solal, lo stesso Piazzolla, gli italiani Enrico Rava, Rita Marcotulli, Gabriele Mirabassi. La musica di Galliano è una mescolanza di tango (si badi quello argentino), danze europee, reminiscenze swing e ovviamente di musica francese, soprattutto del genere derivato dall’antica “musette” a cui Galliano si è dedicato da quando il suo maestro e amico Piazzolla gli assicurò che per trovare la sua strada sarebbe dovuto partire dalle sue origini musicali così come lui era partito dal tango argentino. Passion Galliano contempla composizioni originali del francese come “Chat Pître”, “Tango Pour Claude”, “La Valse à Margaux”, immancabili pezzi del repertorio piazzolliano “Vuelvo al Sur”, “Chiquilin de Bachin”, “Milonga del Angel”, “Oblivion” e brani del canzoniere francese come “Ô Toulouse”, “Ma plus Belle Histoire d’Amour”, “Les Feuilles Mortes”. La musica di Galliano possiede la peculiarità di essere reversibile, proponendosi come un raffinato gioco linguistico. Un brano di Galliano scegli tu stesso come ascoltarlo: se chiudi un canale è jazz, se ne apri un altro ti trovi in un bistrot della Parigi anni ’50. L’innesto è così compiuto. Ora possono calare le luci perché siamo nel mood del blues parigino.

 

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