Giovedì 9 febbraio 2023– Teatro Sannazaro – ore 20.30
GRAZIA RAIMONDI, violino
LUIGI PIOVANO, violoncello 

Georg Philipp Telemann (1681 – 1767)
Fantasia n. 9 in si minore per violino solo

Alfred Schnittke (1934 – 1998)
Madrigal in memoriam Oleg Kagan per violino solo

Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
Suite per violoncello solo n. 1 in sol maggiore BWV 1007

Arcangelo Corelli  (1653 – 1713)
Sonata a violino e violone in re minore op. 5 n. 12 La Follia

Zoltán Kodály (1882 – 1967)
Duo per violino e violoncello op. 7

Note di sala 
di Salvatore Morra*
Il programma in duo di violino e violoncello è da suggestioni intime, da camera, con un confronto tra brani solistici, con accompagnamento strumentale, suite, fantasie e danze. Nel 1765, all’età di ottantaquattro anni, Georg Philipp Telemann (1861-1767), era semplicemente sopravvissuto alla sua epoca, uno dei più longevi. Pochi amici e colleghi musicali che lo conoscevano fin dall’inizio della sua carriera erano ancora vivi: Bach, Fasch, Handel, Hebenstreit, Keiser, Mattheson, Pisendel, Stölzel e Zelenka, la maggior parte dei quali nati dopo Telemann, erano già scomparsi. Altri contemporanei degni di nota come Albinoni, Geminiani, Rameau, Scarlatti e Vivaldi erano anche deceduti. Haydn aveva già trent’anni, C.P.E. Bach, Gluck e Jommelli sulla cinquantina e Hasse e Sammartini nella sessantina. Mozart, allora nove anni, era nel bel mezzo della sua grande tournée in tutta Europa. Di Telemann si lodava l’inventiva melodica, l’abilità contrappuntistica nei cori, ricchi accompagnamenti strumentali nelle opere vocali, ottima declamazione nei recitativi, nelle cantate sacre e negli oratori successivi al 1730. Caratteristiche anche evidenti nella Siciliana della Fantasia n. 9 in si minore per violino solo che apre il concerto: le terzine, l’accostamento delle frasi ricche di trilli, spesso con cambi di ottava, che generano effetti di domanda e risposta fra voci diverse, e la condotta di due linee melodiche simultanee che lasciano le note in battere per una voce e quelle in levare per un’altra, mostrano l’inesauribile riserva di idee, così come nel Vivace, e finale Allegro. 
L’accostamento del brano di Alfred Schnittke (1934-1998) – degno erede di Shostakovich per senso dell’ironia e dell’alienazione – Madrigal in memoriam Oleg Kagan per violino solo, fornisce un punto focale sul carattere evocativo del violino. Da un lato abbiamo il genere del madrigale, nel quale si è sempre annidato un particolare tipo di sogno musicale, nel senso di un desiderio irraggiungibile, registrando i più piccoli e massicci tremori di ogni parola e inflessione di significato; dall’altro ciò che Schnittke insegue disperatamente e vuole possedere, non più un testo, ma una vita perduta: quella dell’amico intimo, il violinista russo Oleg Kagan. La morte di Kagan nel 1990 colpì profondamente Schnittke, e il compositore scrisse immediatamente questo lavoro di quasi otto minuti in memoria. È prosaico, estremamente duttile, segue la traiettoria espressiva ovunque debba andare, dal recitativo grave più lugubre ai momenti di stridore quasi intollerabile, nei registri più acuti del violino; sembra svolgersi come l’esperienza del trauma stesso, in respiri profondi che iniziano con grandi, lunghi, tristi colpi, e precipitano rapidamente in un momento di dolore acuto e di angosciata rassegnazione. Il brano suggerisce come il sogno-madrigale segue così da vicino l’esperienza extramusicale tanto da sostituirla, rendendo il violino uno strumento indissolubilmente legato al memoriale. 
Cambio di scena e si passa ad uno strumento per il quale gli studiosi hanno da decenni iniziato non solo a rivalutare la nostra idea di ciò che il “violone” avrebbe potuto essere, ma anche a ridefinire le nostre nozioni circa il “violoncello” nei secoli XVII e XVIII, termine con il quale non si denotava in Europa esclusivamente il piccolo violino basso a quattro corde suonato in posizione “da gamba”, con presa dell’arco sopra la mano, come mostra Michel Corrette nel 1741. Le Suite di Johann Sebastian Bach (1685-1750) per violoncello non accompagnato presentano diversi momenti in cui aspetti del tessuto musicale, della struttura tonale, della struttura formale sono in stretta relazione con le tecniche esecutive ed il tipo di strumento utilizzato. In particolare, nella Suite per violoncello solo n. 1 in Sol maggiore, BWV 1007, la progressione armonica iniziale del Preludio su un punto di pedale di tonica, in tutta la sua semplicità, unifica le diverse forme danzanti dall’inizio alla fine. Quasi un approccio compositivo in stile sonata per le suite da ballo, che crea uno strato di complessità dall’Allemanda e Courante in poi. Ma Il cuore della Suite è la Sarabanda, con una scrittura quasi polifonica simile a quella per violino solo. Dopo i Minuetti, la Giga è il più enigmatico dei movimenti per il suo spostamento in sol minore.
Nella stessa cornice temporale e strumentale è la Sonata a violino e violone in re minore, op. 5 n. 12, “La Follia” di Arcangelo Corelli (1653-1713) composta tra il 1680 e 1690. Il corpus di sonate op. 5, dopo la loro pubblicazione, raggiunse lo status di “classici”, e nel 1800 era stato ripubblicato più di 50 volte, ad Amsterdam, Bologna, Firenze, Londra, Madrid, Milano, Napoli, Parigi, Roma, Rouen e Venezia. Questa frequente ripubblicazione e la sopravvivenza di centinaia di copie manoscritte e decine di arrangiamenti documentano il fatto che quest’opera continuò ad essere eseguita ed utilizzata con funzione didattica. Il suo valore pedagogico consisteva, presumibilmente, in due aspetti: quello di Studi contenenti musica finemente lavorata con molti movimenti alla portata anche di violinisti novizi; e quello di base per l’improvvisazione, perché la precisione di certi movimenti li rendeva veicoli ideali per esercitarsi nell’ornamentazione melodica, sia quella cosiddetta “necessaria”, sia quella più libera, ornamenti su larga scala o parafrasi musicali. 
Il programma si conclude con tendenze musicali neoclassiche, sicuramente antiromantiche con il Duo per violino e violoncello, op. 7 di Zoltán Kodály (1882-1967). Compositore, etnomusicologo e insegnante, Kodály ha contribuito a rinvigorire la cultura musicale della sua nazione e, in particolare, attraverso la promozione dei cori comunitari e la raccolta e sistematizzazione della musica popolare ungherese ha fornito un meccanismo di educazione. Il Duo per violino e violoncello del  1914 modella perfettamente l’influenza incrociata dei materiali popolari ungheresi e le strutture formali della musica d’arte. La sua melodia pentatonica di apertura cade nel modo dorico, mentre un tema contrastante alterna frasi melodiche e accompagnamento pizzicato. Un lirismo intensamente sentito, che a volte esplode in un profondo tormento, scorre attraverso l’Adagio. Il finale simula radicali cambi di tempo con la sua eccitante alternanza di sezioni lente e rapide.

*Questo testo non può essere riprodotto, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, in modo diretto o indiretto, temporaneamente o permanentemente, in tutto o in parte, senza l’autorizzazione scritta da parte dell’autore o della Associazione Alessandro Scarlatti